Giovanni_passannante

 

CHI E’ GIOVANNI PASSANNANTE

Giovanni Passannante è stato un anarchico insorto alla monarchia per la repubblica in cambio della vita. Nato nel 1849 a Salvia della Lucania, suddito, povero, ultimo di dieci figli (di cui solo sei salvi) ,mendicante, pastore, domestico, cuoco, si trova fin dal principio dalla parte di un affollatissimo popolo di sfruttati e matura presto, dall’esperienza della miseria e della prepotenza del potere, un senso di rivalsa per le angherie subite che, con gli incontri mazziniani, anarchici e dell’internazionale, risuonerà in un rabbioso tentativo di rovesciamento di quell’infame struttura di sopraffazione legittimata nel regno d’Italia e nel papato. Licenziato perchè offre cibo agli affamati, arrestato perchè incita il popolo salernitano alla ribellione, continua a resistere alla violenza delle autorità finchè nel 1878 decide di restituirgli “un pò del suo terrore” attentando alla vita di re Umberto primo e della monarchia in nome della repubblica universale ; spogliato della sua giacca e del suo egoismo in cambio di un coltellino e della rivoluzione, colpisce di poco il braccio del sovrano; l’attentato fallisce, nonostante il suo eroico sentimento, il quale ben presto si muta in disperazione, condannato per “grazia” a rinunciare alla morte e per sempre ad attenderla alle catene di una cella sotto il livello del mare. Le condizioni in cui viene recluso, “sotto l’azione combinata dell’umidità e delle tenebre” sono così insoffribili da condurlo a finire nel manicomio di Montelupo Fiorentino nel 1910, stessa sorte imposta agli altri membri della sua famiglia, tutti morti nel manicomio di Aversa. Il giorno dopo l’attentato, a Pisa e a Firenze scoppiano bombe su cortei monarchci, nel resto e nel fuori dell’Italia si scrive e si marcia a sostegno di Passannante e di altri attentatori e ovunque fioccano arresti ed espulsioni. Nel 1897 Pietro Acciarito, anarchico, attenta ancora alla vita del re che ne riesce salvo e ancora condanna alla follia e alla morte. La reazione alla repressione e ai soprusi, giunti ed unificati nella monarchia nazionale del re Mitraglia, da parte degli asserviti, dei condannati, degli affamati, forgiata dal patimento di tutti i loro omonimi predecessori ed eccitata dai pensieri nuovi di uguaglianza, libertà e fraternità, trova nella storia e nel tempo modo di rivelarsi con tutta la sua rabbia distruttrice. Nel 1898 scoppiano i moti popolari e a Milano la stessa mitraglia aristocratica di nome Umberto, agente per opera del generale Fiorenzo Bava Beccaris, stermina con le bocche di fuoco centinaia degli insorti, premiando la sua viltà con una medaglia. Il sangue versato sarà coraggiosamente restituito dalla mano di un altro anarchico, l’ultimo della storia di Umberto primo, Gaetano Bresci, che nel 1900 ammazza il sovrano. La risposta violenta di Passannante , Acciarito, Bresci, e degli altri rivoltosi del regno d’Italia è la stessa che ha animato e continuerà ad animare lo scontro fra la parte che detiene con la forza il potere delle cose e delle azioni e direttamente se ne alimenta e quella che in nome dello stesso potere viene sacrificata e tenta di liberarsi. In forme e gradi diversi di coercizione legalizzata, i gruppi e le figure di potere, derivanti dall’attuale gerarchia sociale, ogni giorno, esercitano il mantenimento della loro autorità; ancora di più chi perturba, e in forma ancora maggiore chi tenta di rovesciare, tale autorità viene colpito da forme di contenimento violento; Il salario, la bocciatura, la censura, il tso, il carcere, le armi sono solo alcuni dei mezzi utilizzati che rendono la nostra una società chiaramente violenta. Nonostante la percezione di uno stato placido delle cose , costruito dalla propaganda di normalizzazione ed occultamento della sopraffazione, che tenta di delineare quella giusta e quella sbagliata, mistificando la realtà se necessario, quello che dalla monarchia di Umberto primo re mitraglia alla repubblica attuale non ha conosciuto cambiamento è che il disobbediente sarà soffocato, qualsiasi sia la sua motivazione, com’è nitidamente dimostrato dalla repressione del movimento no tav, dei gruppi di occupazione e di lotta per la casa e dei movimenti antagonisti in genere. Se esiste ribellione esiste scontro violento e per questo ricordiamo Giovanni Passannante come un eroe rivoluzionario e non come un insieme di resti cranici custoditi in un museo di criminologia, nel modo che ancora tentano di indurci a fare.